Apice e la sua Storia

Panorama di Apice

Apice è un Comune della provincia di Benevento, situato ad un’altitudine di 245 m.s.l.m, circondato da alti e verdeggianti colli che sfiorano i 600 m.s.l.m. Il territorio rigoglioso e coltivato è lambito da tre corsi d’acqua, il Calore, il Miscano e l’Ufita. La persistenza di un clima mite e di una morfologia collinare favorevole all’agricoltura garantiscono eccellenti colture della vite, dell’ulivo e degli ortaggi.

L’origine etimologica del nome Apice è assai discussa, secondo alcuni deriverebbe dal termine latino apex con significato topografico, in riferimento alla collocazione geografica dell’abitato sulla sommità di una collina, secondo altri avrebbe tratto il nome da Marco Apicio. La tradizione letteraria raccoglie sotto questo nome alcuni personaggi che si sono occupati di gastronomia in epoche diverse; al contrario la tradizione classica non menziona la figura di Apicio quale console o funzionario del Senatus Romanus incaricato di riscuotere le tasse nell’entroterra campano (publicanus). Il primo riferimento ad Apicius di cui si abbia notizia riguarda un accanito oppositore della Lex Fannia che limitava gli sperperi e il superfluo durante i banchetti, compreso l’eccessivo numero di convitati. Il secondo fu il ricco patrizio Marco Gavio Apicio, vissuto nel I secolo d.C. e ritenuto l’autore di molte ricette poi successivamente raccolte nel De re coquinaria, il primo trattato di cucina. Una ipotesi più suggestiva vede l’origine del nome Apice dall’antico popolo degli Iapigi, popolazione indoeuropea stanziatasi tra il II e il I millennio a.C nell’odierna Puglia; il riferimento ad Apice viene rintracciato nel dialetto locale, che indicava con il termine “Iapici” appunto il centro abitato.

L’ubicazione favorevole del territorio Apicese nel mondo antico è testimoniata anche dalla presenza, in località Morroni, delle vestigia di un Ponte di epoca romana, denominato Ponte Rotto, facente parte della Via Appia, fondamentale arteria viaria che collegava Roma a Brindisi e all’Oriente, definita dagli storici classici per l’importanza del tracciato, come la regina viarum. Le strutture sono riconducibili ad un ponte viadotto di epoca romana e coprono un arco cronologico dal I a.C al VII d. C, all’interno del quale si possono individuare almeno quattro diverse tecniche edilizie, riferibili ad altrettante fasi storiche; allo stato attuale sono visibili un’arcata e almeno tre pile del ponte e due pilastri altomedievali costruiti con materiali di reimpiego proveniente da mausolei funerari di età adrianea. Il viadotto era a schiena d’asino con sei grandi arcate di luce variabili dai 22 ai 10 metri ed uno sviluppo lineare di circa 190 m, e con un’altezza massima di 13 metri.

Ponte Appiano detto anche Ponte rotto

Un riferimento ad Apice si trova menzionato per la prima volta nel secolo VIII, in un diploma di concessione del Principe longobardo Grimoaldo a Montecassino “sub Apice”. Nel corso dell’XI sec. Apice apparteneva alla contea di Ariano, ed è proprio a questa fase storica che risale la costruzione del Castello dell’Ettore. Sul territorio di Apice secondo le fonti storiche erano ubicati ben sette Castelli, dei quali si conservano ancora oggi i ruderi, (alle località Tignano e Fiego); tali strutture rientravano in un articolato sistema difensivo e di controllo del territorio che vedeva nel Castello dell’Ettore il punto nevralgico per l’esercizio del potere.

Castello dell’Ettore

Torre del Castello

Cortile interno del Castello dell’Ettore

 

 Il Castello dell’Ettore, costruito sul punto più alto della collina, domina sia la media valle del Calore, che l’antico centro abitato; quest’ultimo risulta essere organizzato secondo la disposizione a “conchiglia”, tipica dei borghi medievali, dove l’intero assetto viario di strade e vicoli risulta convergente e allineato con il castello medievale. Da un documento del 1626 il castello dell’Ettore è descritto come circondato da “tre baluardi fortissimi”, dei quali oggi è possibile ammirarne soltanto uno nella sua integrità strutturale, dotato di dispense, caratterizzato dalla presenza di ambienti affrescati e da una cappella votiva. L’edificio che è giunto ai nostri giorni è il frutto delle continue opere di ricostruzione, di ristrutturazione a causa del susseguirsi di eventi sismici, di cambi di destinazione d’uso e all’alternarsi di diverse proprietà nel corso dei secoli.

Vicolo del Centro storico

Caratteristico è anche il centro storico ormai disabitato, interessato in questi anni da consistenti interventi di recupero finalizzati alla valorizzazione e fruizione del borgo antico, danneggiato dagli eventi sismici del 1962 e del 1980, ai quali ha fatto seguito un progressivo trasferimento dell’abitato nel sito dell’odierna Apice Nuova, grazie all’opera dell’allora Sindaco Luigi Bocchino.

Vecchia casa nel centro dell’antico abitato

Vicolo del Centro storico

Nel centro storico si possono ammirare l’antica Chiesa di S. Nicola e la Chiesa abadiale di Santa Maria Assunta e S.Bartolomeo risalente al XVI sec.; nel borgo antico si alternano abitazioni degli inizi del XX secolo, riferibili in parte all’edilizia del “Ventennio”, con palazzi signorili del XVIII e XIX secolo, come i palazzi Cantelmo, Perriello e Falcetti. Il territorio di Apice, nel corso dei secoli e fino ai nostri giorni, ha ospitato diverse congregazioni religiose, che a loro volta hanno lasciato testimonianza indelebile con gli edifici di culto, come la badia Benedettina in Contrada S. Lorenzo, il monastero di S. Giovanni alla Rocca dei Padri Agostiniani in contrada S. Martino, ma soprattutto il Convento di S. Francesco, la cui fondazione insieme con la fonte miracolosa vengono attribuite al Santo di Assisi nel 1222, durante la sua venuta nell’Italia Meridionale; la leggenda narra che nel territorio di Apice, S. Francesco d’Assisi avrebbe conosciuto l’Imperatore Federico II di Svevia che di ritorno da Castel del Monte era solito dimorare nel Castello del Principe, nei dintorni di Apice.

Scorcio della Chiesa Santa Maria Assunta e San Bartolomeo

Chiesa di San Nicola

Federico II di SVEVIA

Il simbolo della religiosità Apicese è senza dubbio rappresentato dal Convento di S. Antonio, secondo le fonti edificato nel 1530 da padre Ludovico da Fossombrone; la chiesa è a due navate e l’altare maggiore, interamente in legno, fu realizzato da Bernardino da Massa, con al centro un quadro che raffigura S. Francesco nell’atto di ricevere le stimmate; l’altare minore, collocato nella navata destra, ritrae S. Antonio da Padova, dipinto con il capo coperto, con il giglio nella mano sinistra e la destra portante un libro aperto, come nella rappresentazione di Giotto a Padova. Il convento che oggi ospita i Frati Cappuccini è meta di pellegrinaggi e cardine della religiosità locale, soprattutto in occasione della tradizionale tredicina” di S. Antonio durante il mese di Giugno.

Convento di Sant’Antonio da Padova

A partire dal secondo dopoguerra Apice assunse il primato tra i paesi della Provincia di Benevento per le fiere e i mercati, che venivano organizzati con una cadenza quasi mensile, come riportato sulla lapide conservata presso il vecchio municipio. Nel corso del XV secolo le fonti riportano una sola fiera, quella dell’Assunta, che durava tre giorni, fino ad arrivare al XX secolo quando le manifestazioni fieristiche erano ben cinque, quella di S. Giovanni (protettore del paese), del 15 Agosto, festività dell’Assunta, del 30 e 31 Maggio a chiusura del mese mariano, dell’8 Dicembre in onore dell’Immacolata e della prima Domenica di Ottobre per la festività del SS. Rosario; a queste se ne aggiunsero successivamente altre, a Marzo, Aprile, Luglio, Settembre, Novembre. La ragione per cui tali manifestazioni avevano una successione così ravvicinata è da collegare alla posizione topografica favorevole del paese, alla disponibilità in località Ariella di un sito adatto ad ospitare visitatori e bestiame e alla vicinanza della ferrovia.

Notturno della vecchia Piazza del Mercato lato nord

Notturno della vecchia Piazza del Mercato lato sud

Stemma città di Apice

Anticamente lo stemma di Apice era costituito da tre colline, sulle cui cime spiccavano delle rigogliose spighe di grano; tale stemma venne assegnato, secondo le fonti storiche, dal re Ferdinando d’Aragona nel 1504 per aver fornito grano in abbondanza ed alleviato così la miseria che in quell’anno affliggeva il Regno di Napoli. Nello stemma odierno tre fiammelle hanno preso il posto delle spighe, e ai piedi delle colline è stata inserita la rappresentazione di un corso d’acqua, identificabile con il fiume Calore.

A cura di:

Dott. Antonio Mesisca Dionizio (informazioni storiche)

 Lidia Tangredi (impaginazione editoriale)